giovedì 11 luglio 2013

Doni dal deserto

Ah, Civitavecchia, la bella città d’incanto che a tutti piace tanto. Piace tanto perché è la città dei miracoli (cit. Corriere della Sera). Sì, insomma, abbiamo le madonne che piangono, il porto che sembra sfamare l’intero sistema solare e il carbone considerato una botta de salute.

Molti ci rendono doni speciali ed esotici quando transitano dalle nostre parti. Uno di questi è il vento, che apparentemente è felice di lasciarci pacchi di particolato corretto all’arsenico.

Come quella volta, il 15 marzo 2011, quando i quattro deposimetri appollaiati nel comprensorio di Civitavecchia registrarono un innalzamento di PM10 da far schiattare d’invidia l’inquinamento di Hong Kong.


Deposimetri che? 

I deposimetri sono apparecchi adibiti alla raccolta di ciò che precipita dall’atmosfera sotto forma di particolato (secco o umido, ovvero portato dalla pioggia). Attraverso il loro lavoro da mondine si scopre in sostanza quanta ‘munnezza respiriamo e mangiamo, quindi quanti microinquinanti ci sono nell’aria (metalli, arsenico, ecc.). In loco abbiamo quattro deposimetri - distribuiti peraltro in modo singolare - e sono alloggiati a Poggio Ombriccolo, Aurelia, S.Agostino e Parco Antonelli.  (Fig. 1, clicca per ingrandire)

Fig. 1: area in cui sono posizionati i deposimetri. La qualità delle immagini fa venire la cataratta, ma a quanto pare per il Ministero dell'Ambiente è accettabile.


Quel dì, dunque, i nostri deposimetri registrarono un abbondante suicidio di particolato.
Pufferbacco, come mai?
Il Centro elettrotecnico sperimentale italiano, per gli amici Cesi, assoldato da Enel per analizzare il “raccolto” dei deposimetri, scrive in sostanza che nelle settimane precedenti al 15 marzo, le masse d’aria provenienti dall’Atlantico si fecero un safari in Africa portandosi via un po’ di sabbia sahariana come souvenir, che poi vennero a sgrullarci in testa il 15. Aggiunge anche che il 16 la pioggia diede una spolverata talmente profonda da ammorbidire il pesante carico di particolato. Gli archivi del meteo confermano: la pioggia era presente in classe quel giorno.
(Fig. 2 e 3)


Fig. 2: PM10 precipitato nelle quattro stazioni nel 2011. (Non ci è dato di conoscere le analisi chimiche relative al 2012 poiché il ministero non le ha ancora rese disponibili, quindi ci rifacciamo al 2011.)

Fig. 3: notare il particolare uso dell’ipotesi: “[...]si sono quindi potute caricare”. Può darsi, ma non si sa...


Pioveva, ma non solo quel giorno...

Dove è lo zio strano? Lo zio strano è scomodamente seduto su due dettagli appuntiti di questo mito del vento sahariano che ci riempie di PM10:

1. Sempre dagli archivi meteo scopriamo che ci furono piogge dal 13 al 17 marzo 2011, indi per cui il vento sahariano, il 15, doveva aver già disperso gran parte di quel PM10, a meno che non abbia fatto una capatina direttamente il 15, ma pur seguendo questo filo ci bagniamo poiché anche il 15 pioveva.

2. Scorrendo i documenti del Cesi si arriva all'analisi dei metalli pesanti sulle deposizioni umide, e qui fa abbondante e preoccupante presenza qualcosa che inizia con la “a” e finisce con “rsenico”. Esatto, arsenico, quell’arsenico, l’arsenico derivante dalla combustione del carbone.  (Fig. 4)


Fig. 4: in evidenza nel grafico al centro il picco di concentrazione di arsenico nelle deposizioni umide misurate dai deposimetri del comprensorio nel marzo 2011.


A questo punto le ipotesi sono due: o il vento sahariano si diverte ad improfumare i suoi doni con le emissioni tipiche della combustione del carbone o l’arsenico non è decisamente made in Africa, ma made in Torre Valdaliga Nord.

Dietro alle ipotesi si nasconde anche una domanda che preme per essere posta a chi di dovere: a parte il Cesi che li scrive un po’ così e l’Enel che li commissiona, chi controlla questo tipo di studi?

E comunque certi regali non ci sono graditi.



Civitavecchia Bella città d’incanto, 11/07/2013

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